L’infertilità riguarda oggi, in Italia, circa il 15-20% delle coppie
Un bimbo desiderato e sognato, un bimbo che non arriva, è un bimbo che, in qualche modo, già esiste nelle rappresentazioni mentali dei genitori. Una madre e un padre che aspettano, attendono, sognano e sperano di diventare genitori la cui aspettativa però, puntualmente, ogni mese, viene disillusa, sono certamente esposti ad una situazione di stress elevato. Ogni famiglia in attesa possiede una propria personalissima storia, una storia di coppia e anche una storia individuale legata ad un proprio modo di “attendere”. Ognuno di questi fattori ha un suo peso nell’affrontare l’infertilità proprio perché va ad incidere sul modo di interpretare e fare fronte a questa condizione.
Indicativamente nel 35% dei casi, l’infertilità è al femminile, generata spesso da cause endocrine, alterazioni anatomo-funzionali o patologie sistemiche; un altro 30% è legato a fattori maschili con un’ assente o ridotta produzione spermatica, patologie testicolari o situazioni legate ad alterazioni del tratto genitale (sterilità escretoria). Nel 20% dei casi ci si trova di fronte a situazioni “miste” in cui fattori femminili e maschili collaborano in una direzione di infertilità, ma esiste anche quell’infertilità cosiddetta “inspiegata”, quella a cui non si riesce ad attribuire una causa accertata. In questo caso si parla di fattore idiopatico (15%).
Non di rado, alle coppie che presentano una condizione di infertilità a fattore idiopatico, viene consigliato di iniziare un percorso di terapia per la riduzione dello stress, additato come il responsabile della condizione di infertilità stessa. A questo punto diventa di fondamentale importanza aprire a mio avviso alcune parentesi.
Premettendo che lo stress è EFFETTIVAMENTE un nemico reale dell’infertilità, temo che questo tipo di comunicazione non giovi. Dire, come spesso mi è stato riportato da coppie che ho seguito, frasi come: “mettetevi calmi e il figlio arriverà”, “siete in una situazione di stress”….o come disse un medico “la potenza della testa di voi donne può fare qualunque cosa” e molte altre frasi, sono spesso causa di meccanismi di auto-colpevolizzazione. A questo punto chiaramente, si generano nuovi meccanismi ansiosi e di iper-controllo sui propri stati emotivi “devo stare calmo altrimenti lo stress influisce sulla mia fertilità….”. Lo stato di calma e di tranquillità non è certo qualcosa che può essere raggiunta con il controllo. Il meccanismo è decisamente quello contrario, quello dell’accettazione, dell’armonia e dell’immersione.
Torniamo al punto di partenza: nasce prima lo stress o l’infertilità?! Non sarò certo io a rispondere a questa domanda ma di sicuro non ritengo utile lasciare la coppia con una tale suggestione negativa. In primis il meccanismo dello stress va spiegato a livello biochimico e non come un potere oscuro che piomba sulla coppia e ne controlla la capacità generativa.
Ritengo importante, per iniziare, che la coppia venga informata in modo oserei dire quasi “didattico” (perché reputo che più il nemico si conosca, meno faccia paura), rispetto all’influenza che ormoni quali cortisolo ed adrenalina possano in effetti avere sulla fertilità.
Esistono molti modi per combattere lo stress; chiaramente prima è necessario fare una panoramica delle condizioni attuali della vita dei pazienti, individuando possibili stressors sia esterni legati a fatti particolari ed eventi, situazioni accadute, ma anche interni, cioè legati a pensieri, preoccupazioni, stati d’animo o convinzioni bloccanti.
Quando la coppia decide di iniziare un percorso di psicoterapia è importante chiarire fin da subito che la finalità del percorso non è il raggiungimento di una gravidanza (anche se durante i percorsi può comunque accadere). Il viaggio della terapia ha lo scopo di portare alla luce eventuali difficoltà, conflitti, blocchi e paure, presenti nella vita della coppia (o dei singoli). Il percorso è volto ad sostenere la coppia durante eventuali percorsi di PMA, è volto ad implementare le risorse e le strategie per affrontare l’infertilità (che sia essa idiopatica o non) e ad elaborare nuovi schemi mentali che non assimilino esclusivamente la felicità alla nascita di un figlio.
La diagnosi di infertilità, o comunque, l’attesa di un bimbo che non arriva, porta a rimuginio e ad una conseguente flessione del tono dell’umore. È frequente vedere stati depressivi e ansiosi che accompagnano questa situazione e spesso, ad essi, si aggiungono tensioni riguardanti la vita di coppia, isolamento sociale (per non affrontare eventuali maternità di amici o domande fastidiose sul “quando farete un bambino”), nonchè disturbi sessuali. L’infertilità porta con sé una tempesta di emozioni quali tristezza, rabbia, colpa, vergogna, delusione, ansia e molto altro; a volte la rabbia è diretta verso se stessi, a volte verso il partner, a volte verso chi i figli è riuscito ad averli e a volte anche verso il bambino che non arriva.
Attendere un figlio che non arriva, mette comunque in gioco il tema della perdita e del lutto. Ciò che muore è l’idea di quel bambino immaginato e creato nelle rappresentazioni mentali di una donna e di un uomo, ciò che muore è la rappresentazione di sé stessi come genitori, ciò che muore è quella proiezione in un futuro desiderato che non si realizzerà e che va ristrutturato in un modo assolutamente differente rispetto a ciò che era stato previsto, sognato.
Il tema dell’infertilità è un tema davvero molto delicato ed è fondamentale che le coppie possano sempre avere la possibilità di essere accompagnate e sostenute in un percorso che le aiuti a ritrovare un senso che sia indipendente dalla genitorialità.
Dott.ssa Eleonora Lucchini