A tutte le mamme

C’è un tema che mi sta molto a cuore, un tema colorato di toni pastello, di fiocchi rosa e di fiocchi blu, un tema dal dolce profumo di crema e soffice come schiuma, un tema dalla forma rotonda, sferica, perfetta: la maternità!

Aspettate un attimo, ma la maternità è davvero tutto questo?

No perché ora che ci penso, quella descrizione mi sembra più che altro la “rappresentazione pubblicitaria” della maternità, tutto ciò che forse, in qualche modo, ogni madre ha pensato PRIMA di diventare madre.

Prima di partorire nessuno ti dice che per diverso tempo la tua pancia rimarrà quella di una donna gravida, che sarai sempre stanca e spesso sporca perché ti mancheranno il tempo e la forza per darti una sistemata, che divorerai tutto ciò che capita pur di non cucinare e che alle nove di sera crollerai miseramente addormentata. Nessuno ti dice che spesso o, quasi sempre, non saprai come comportarti o che davanti al pianto di tuo figlio potresti provare un forte senso di angoscia e incompetenza; nessuno ti dice che potresti sentirti sola, incompresa, impegnata in un ruolo che, seppure naturale, è complicatissimo. Sto esagerando?!

Forse un po’ sì….ma non di molto. Questo perlomeno è quello che sentono le mamme con cui quotidianamente parlo e mi confronto, quelle mamme che vedono sempre la perfezione fuori da sè,  fuori dalla propria diade madre bambino, fuori dalla propria casa.

Meravigliose le immagini di madri dolcissime che allattano bambini rosei, tranquilli e pacifici. Bambini che si addormentano guardando le “apine” applicate all’ultimo modello di lettino; bambini che sorridenti gattonano e giocano in autonomia mentre la madre sorridente può dedicarsi ad altro. Eppure tutto questo ha un che di veramente finto….soprattutto le case (e i pavimenti) meravigliosamente in ordine e puliti.

Amo trovare l’onestà da parte delle madri nei confronti delle altre madri; amo vedere il sostegno e la dichiarazione, peraltro legittima, del proprio percorso verso l’acquisizione di competenze… che non potrà mai essere uno status quo, ma qualcosa da creare e ricreare costantemente. Come può essere semplice accudire crescere e coltivare la vita?! Per quanto meraviglioso possa essere la maternità porta con sé un lavoro profondo, dal grande impatto emotivo. Diventare madre significa domandare a se stessi circa la propria storia, significa domandarsi che genitori abbiamo avuto e che figli siamo stati, significa comprendere e rivedere il “bagaglio” che stiamo portando con noi, le nostre eredità personali, valoriali, affettive. La genitorialità non è un fatto esclusivamente biologico, la genitorialità nasce dal desiderio, dal desiderio di scoprire che il bambino della notte (il bambino immaginato,  sognato e idealizzato durante la gravidanza)  e’ ben diverso dal bambino del giorno (il bambino reale).

Mi permetto di traslare questo concetto così ben espresso dalla Vegetti Finzi anche alla donna ed alla rappresentazione di madre che fa di se stessa prima che il proprio figlio venga al mondo. Ogni madre pensa che farà o non farà determinate cose, che non compirà determinati errori, che sarà in grado di parlare, gestire e contenere l’angoscia del proprio figlio….ma la verità è che la madre “del giorno” (quella reale) è molto diversa dalla madre “della notte” (quella che ha immaginato e desiderato essere). La madre del giorno è la madre che ha paura, quella che ha tanti punti interrogativi sopra la testa ma che, proprio per questo, si adopera per cercare di crescere. La madre del giorno può essere stanca e sporca, può anche piangere e avere paura di non farcela; la madre del giorno può perdersi a giocare con il proprio figlio dimenticandosi di pulire e cucinare, la madre del giorno non arriva puntuale perché si ferma ad osservare una coccinella con il proprio bambino e sicuramente scorderà le calzine antiscivolo. In tutto questo però la madre del giorno si sentirà spesso inadeguata, sbagliata ed impacciata, idealizzerà le altre maternità chiedendosi come mai a lei non riesca tutto semplice, al profumo di borotalco; cercherà di appartenere a questo o a quel gruppo, userà il ciuccio per placare i primi pianti del bambino una volta rientrata dall’ospedale ma poi, cercherà di toglierlo, perché mamme pro allattamento le diranno che il ciuccio, oltre ad interferire con la poppata, “serve al genitore e non al bambino” (facendola sentire in colpa). Poi la madre del giorno proverà i pannolini lavabili, peraltro trovandoli scomodi ma fingerà di usarli nei gruppi di mamme ambientaliste. La mamma del giorno si vergognerà di comprare qualche omogeneizzato per paura delle aggressioni, perché nei blog esistono solo le mamme “della notte”, quelle perfette che fanno tutto in casa. Se la madre del giorno non avrà una ring o una pouch sarà certamente una madre a basso contatto, per non parlare delle madri di serie “B” o “C” che non hanno partorito per via vaginale o nella propria abitazione facendo una nascita Lotus.

 “L’erba del vicino è sempre più verde”,  così pronuncia il detto; l’esperienza mi ha insegnato che “le maternità altrui sono sempre più semplici”. La verità è che la maternità è tanto meravigliosa quanto complessa e spaventevole. Una madre non va giudicata né lasciata sola. In ogni maternità possiamo trovarne un po’ della nostra, la storia del mondo si ripete in ogni pancione in un mistero infinito di cui sarebbe opportuno diventare responsabili portando messaggi positivi e di sostegno. Sono stanca di vedere lacrime sul viso delle madri; la maternità può fare anche piangere ma il vero nodo da sciogliere è il gap tra ciò che immaginiamo della maternità e ciò che la maternità è realmente.

A tutte le mamme che leggono vorrei dire: “quando avete dei dubbi su ciò che state facendo, quando rabbia e tristezza prendono il sopravvento, mettetevi per terra con vostro figlio, giocate con lui, guardatelo negli occhi, parlategli a bassa voce e richiamate la sua attenzione, poi stringetelo e baciatelo come se fosse la prima volta che lo incontrate e la prima volta che realizzate di essere madri; in questi gesti troverete le risposte a tutte le domande, quelle risposte che nessun altro può darvi.

Alcuni grandi atleti dicono che dalle partite vinte non hanno imparato nulla, mentre dagli insuccessi hanno ricavato quegli insegnamenti che li hanno resi successivamente campioni. Non ho mai conosciuto madri perfette (fortunatamente) ma posso dire di aver conosciuto donne grandiose, che tra lacrime, ironia, rabbia e sorrisi sono diventate capaci di integrare ed accettare il “giorno” e la “notte” che portavano dentro.

A tutte le mamme e ai loro figli, buona vita!

Dr.ssa Eleonora Lucchini

 

 

 

 

 

 

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