Babywearing letteralmente significa “indossare il bambino”; accomodare il neonato all’intero di una fascia, indossata e legata al corpo dalla madre, è una pratica diffusa in molti paesi del mondo. Questo affascinante modo di portare con sé il proprio bambino, da sempre, ha permesso alle madri che non potevano arrestare la propria attività, di poter continuare a svolgere il lavoro nei campi e di potersi muovere agevolmente avendo le braccia “libere”. Le fasce possono essere utilizzate anche fino a 3/4 anni e, mentre nei primi mesi il piccolo viene accomodato anteriormente, come un marsupiale, successivamente, con l’aumentare del peso, può essere spostato posteriormente, sulla schiena della madre.
Esistono diverse tipologie di fasce; tra quelle non strutturate troviamo le fasce rigide lunghe e le fasce elastiche lunghe, tra quelle strutturate invece ricordiamo le fasce ad anelli ed il MeiTai (originario delle minoranze etniche del sud ovest della Cina).
Esistono innumerevoli vantaggi legati al babywearing, sia per la mamma che per il piccolo. I bambini portati nella fascia sono esposti a maggiori stimolazioni vestibolo-propriocettive, hanno dunque grandi possibilità in termini di osservazione, di ascolto e di apprendimento. Il contatto con il corpo della madre favorisce un sonno profondo e ristoratore proprio perché il bambino può esperire sensorialmente la presenza materna e trarne una continua rassicurazione; a livello olfattivo il bambino può riconoscere la madre e sentirne l’odore così come, a livello uditivo, può riconoscerne la voce ed esserne cullato; inoltre, l’essere appoggiato sul petto equivale a creare una continuità auditiva rispetto a ciò che il bambino poteva ascoltare nella pancia della mamma: il battito del cuore.
Il bimbo nella fascia può toccare la pelle della madre, esperire una gratificazione tattile e propriocettiva legata ad una costante termoregolazione che avviene tra il corpo di mamma e bambino. Il bambino “portato” può anche trovare nutrimento all’interno di questa prossimità con la madre, il seno buono rimane disponibile e fonte di rassicurazione. Un altro effetto positivo che si è potuto documentare, attraverso studi condotti alla fine degli anni 80, e’ che i bambini portati in fascia piangono in modo significativamente inferiore già nelle prime 6 settimane di vita che sono certamente un periodo critico ed impegnativo in termini di adattamento extrauterino (Hunziker e Barr 1986).
Il babywearing può assumere anche una valenza che potremmo definire “terapeutica” nei neonati pretermine. In questo frangente si parla di cioè “marsupio terapia”. Questa pratica apporta miglioramenti importanti sullo sviluppo neuromuscolare, il distress fisiologico e l’organizzazione motoria nel bimbo nato prematuro. La marsupio terapia nasce in Colombia negli anni 70 come sostituzione alle incubatrici numericamente insufficienti; prevede che il piccolo venga accomodato sul seno materno, a contatto pelle a pelle con il corpo caldo della mamma (se la mamma riposa possono essere di grande aiuto anche il papà o eventuali fratelli maggiori).
Esistono anche dei vantaggi per la mamma, infatti, come dicevamo, il babywearing, non serve solo per permettere alla madre di poter trasportare più agevolmente il bimbo, permettendo così una certa libertà di movimento e ovviando alle note difficoltà delle barriere architettoniche; La vicinanza fisica permette alla madre di essere presente e responsiva verso le esigenze del proprio bambino, le permette di sintonizzarsi in modo precoce al piccolo e al proprio ruolo di care-giver.
La prossimità tra madre e bambino stimola inoltre la produzione di latte, la risposta ossitocinica di questa meravigliosa vicinanza fa partire il riflesso di emissione.
Non dimentichiamo che il babywearing può essere anche un’ottima occasione per i papà di creare un legame affettivo con il bimbo. I padri non sperimentando “il pancione” possono, attraverso questo contatto così stretto, fisico ed emotivo, assimilare più profondamente il nuovo ruolo.
La prossimità del babywearing favorisce il bonding (dal verbo inglese ” to bond”, incollare, attaccare, cementare….). Il bonding permette di stimolare l’istinto genitoriale in quel periodo definito “sensibile” in cui cioè mamma e papà e bimbo, sono biologicamente programmati per creare un forte legame di attaccamento.
Dott. Lucchini Eleonora