Il mio parto con “SFERA”

Ricordo con esattezza il giorno in cui ho scoperto di aspettare la mia secondogenita: era un lunedì di novembre, fuori c’era un caldo sole autunnale e, in pausa pranzo, ero andata nel supermercato di fianco al mio posto di lavoro per comprare il test. Non avevo un grandissimo ritardo, tanto più che allattavo ancora il mio primogenito, per cui avevo il ciclo fortemente irregolare, ma quel mattino non riuscivo a pensare ad altro. Era un periodo di forti cambiamenti, alcuni positivi ed altri molto negativi e visto che forse dentro di me già sapevo la risposta, volevo sapere se qualcosa era cambiato rispetto all’ultimo test effettuato 10 giorni prima.

Quando vidi la seconda linea nello stick, che indicava una gravidanza in corso, provai sentimenti contrastanti perché da un lato era un po’ che provavamo ad avere un bambino e lo volevo con tutto il cuore, dall’altro avevo preso decisioni lavorative piuttosto impegnative, anche in seguito ad un test negativo effettuato 10 giorni prima, non sapendo che  dentro di me stava già formandosi una piccola vita, per cui ero anche molto spaventata.

Pensavo inoltre che, avendo già avuto un bambino e quindi avendo già vissuto una gravidanza, sarebbe stato tutto molto più facile, infondo sapevo (o per lo meno credevo di sapere) a cosa stavo andando incontro, ma mi resi conto che non era esattamente così: mentre per la prima gravidanza, avendo avuto uno stop forzato al terzo mese, ho avuto modo di prendermi cura di me, della mia pancia, e di innamorarmi del mio bambino, in quel momento la mia mente era assorbita dai cambiamenti, che poi non sono nemmeno andati come speravo, e purtroppo da due lutti improvvisi a pochi giorni dal test positivo: uno nella mia stretta cerchia familiare ed uno nella mia cerchia di amicizie, e questo mi impediva di vivere serenamente la gravidanza perché nella mia mente si sommavano rabbia, tristezza e preoccupazione, prendendo a volte il sopravvento sulla gioia che sentivo avrei dovuto provare. A volte era solo la continua nausea, che mi ha accompagnato fin oltre al sesto mese, a ricordarmi del mio stato.

La situazione è andata avanti così nei primi mesi, mentre cercavo di svezzare il mio primogenito che proprio non voleva saperne, mentre elaboravo i due lutti, imparavo un nuovo lavoro –  che non era nemmeno quello che avevo chiesto – e cercavo di ricostruire un equilibrio che in pochi giorni era andato completamente in frantumi, imprese titaniche che risucchiavano tutte le mie energie.

Questo era lo stato d’animo in cui mi trovavo quando iniziai il mio percorso SFERA con la mia terapista, sperando che questo approccio, che avevo letto essere nato per gli sportivi e che era totalmente innovativo per quanto riguardava la gravidanza ed il parto, mi aiutasse a  trovare un momento per noi due, me e la mia pancia, e per vivere in modo più “presente” questo periodo, alleviando il mio crescente senso di colpa perché, nel mio essere sempre troppo proiettata in avanti verso le mie preoccupazioni sul futuro, mi sembrava di far mancare qualcosa alla nascitura che, quando abbiamo iniziato questo percorso, non aveva ancora un nome.

Come era prevedibile per il mio stato d’animo in quel momento non è stato facile focalizzarmi subito sul parto, sulla “prestazione” per la quale mi stavo preparando, per cui abbiamo iniziato con un lavoro che mi ha portato a conoscere riconoscere i miei stati d’animo, per poi canalizzarli, attraverso varie strategie, nel modo corretto.

Ho imparato cosa volesse dire SFERA, un acronimo in cui sono contenuti cinque elementi, esattamente come nella Medicina Tradizionale Cinese, che abbiamo pian piano analizzato e appoggiato e modellato al mio vissuto, in modo da creare una “zona di eccellenza” attraverso la consapevolezza di quella che sarebbe stata la mia “prestazione” (il parto).

Ho imparato che la S sta per Sincronia, l’hic et nunc, il vivere il presente nel momento in cui lo si sta vivendo, in sintonia con il mondo circostante. Questa forse è stata la parte più difficile per me, che ero troppo impegnata a piangere sul passato ed a preoccuparmi per il futuro. Siamo partite, io e la mia terapista, dal mio vissuto in momenti forse meno difficili, per ricordarmi cosa volesse dire essere nel presente, anche attraverso visulizzazioni ed ipnosi eriksoniana, ed in questo modo abbiamo elaborato delle strategie, dei veri e propri esercizi (di respirazione, mentali ecc.) che, nel momento in cui mi accorgevo di perdere il collegamento col presente, mi riportassero indietro.

Ho imparato che F sta per Forza, o per meglio dire punti di forza. Abbiamo lavorato su cosa potevo “far leva” sia durante la gravidanza che nel momento del parto, mettendo per un attimo da parte i punti su cui dovevo migliorare e  che abbiamo analizzato in secondo momento. Questo è stato il momento in cui mi son ricordata che, nonostante i momenti di difficoltà, sapevo esattamente dove e come potevo “appoggiarmi” per poi andare verso il traguardo con fiducia. Abbiamo anche analizzato cosa sarebbe potuto andare storto, elaborando soluzioni (persone da contattare, a cui delegare ecc.), in modo da poter prendere il pacchetto dei pensieri che avrebbero potuto diventare negativi e facendolo diventare un altro punto di forza a cui appoggiarsi

La E è l’Energia, altro punto dolente nella storia della mia seconda gravidanza. Sentivo di esserne sempre priva. Aver lavorato sulla sincronia però mi ha fatto capire perché e dove la disperdevo, in pieno effetto Zeigarnik. Questo mi ha aiutato molto a dosarla nella maniera corretta, arrivando a capire che l’energia c’era, ma era in una sorta di “stasi”, aiutandomi a chiudere i conti in sospeso che avevo con me stessa per dedicarmi a quello che stavo vivendo ad a cui dovevo arrivare.

La R ci porta al Ritmo. La mancanza di Energia e di Sincronia  aveva portato alla perdita del Ritmo, che invece, da musicista, avrebbe potuto essere un punto di forza.

La A è l’attivazione, la motivazione che ci spinge a cercare i risultati. Nel caso di un parto è facile individuare quale sia: la donna sa che il suo corpo cambierà per sempre, la sua anima anche, che dovrà affrontare dolori indescrivibili a chi non li ha mai provati, sia che partorisca naturalmente che con cesareo. Però la motivazione sarà sempre presente per aiutarci ad essere in Sincronia.

Il parto è arrivato quasi perfettamente a termine, in una notte di luglio nemmeno troppo calda. L’aver pensato prima a come gestire il tutto (il primo figlio, la valigia per l’ospedale, le tempistiche del viaggio, aver parlato abbondantemente con mio marito su tutti i dettagli che avrebbe dovuto gestire in ogni caso) mi ha permesso di concentrarmi sull’unica cosa che in quel momento era davvero importante: il parto. Ho avuto la fortuna di trovare personale preparatissimo e sulla mia stessa lunghezza d’onda, ma ero comunque pronta nel caso non fosse stato così.

Tutti gli esercizi mentali, quello su cui avevamo lavorato attraverso varie tecniche, è stato presente con me in ogni momento. I dolori del parto hanno certo aiutato a non disperdermi nel tempo e nello spazio (quando sono arrivata in ospedale era troppo tardi per l’epidurale), costringendomi ad essere presente, ma aver imparato a far leva sui miei punti di forza mi ha impedito di farmi sopraffare dal dolore e dalla paura, seguendo il ritmo delle contrazioni e non andando loro contro ho potuto dosare l’energia, anche grazie allo sguardo verso il traguardo, la mia meravigliosa bambina fra le braccia, come se fossimo entrambe contenute dentro alla forma perfetta di una sfera.

 

 

 

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