Il canto carnatico o canto delle vocali, nasce nel sud dell’India e nello Sri Lanka intorno al 2000 a.C; in principio era considerato un metodo di rilassamento e meditazione. Negli anni ’70 viene portato in Europa da Frédérick Leboyer, un ginecoloco francese già famoso per aver introdotto il concetto di “nascita dolce”. Leboyer riadatta e propone il canto carnatico alle donne in gravidanza come tecnica utile per affrontare travaglio e parto, questo per diverse ragioni. Per prima cosa, vocalizzare, permette di avere un maggior controllo sull’emissione dell’aria e sul respiro in genere; a sua volta, questa respirazione consapevole consente alla donna di avere un maggior controllo sul dolore. L’apertura della gola e della bocca, si riflette in un maggior rilassamento del pavimento pelvico e, oltre ad aumentare la presa di coscienza del corpo da parte della donna, favorisce il rilassamento e la gestione della componente algica.
Una vocalizzazione corretta prevede l’utilizzo del diaframma, muscolo fondamentale per l’atto respiratorio. Inoltre, forse in molti non sanno che la contrazione del diaframma è fondamentale sia durante il travaglio che nella fase espulsiva, durante le spinte. Il canto carnatico durante la gravidanza aiuta la donna a rilassarsi e a prendere contatto con il proprio bambino (che sempre di più impara a riconoscere la voce della madre) inoltre, grazie alla respirazione profonda e alla postura assunta durante il canto, è possibile alleviare i dolori alla schiena che spesso compaiono negli ultimi mesi di gravidanza quando la dimensione della pancia tende a modificare il baricentro del corpo. Durante il travaglio, emettere vocalizzi, permette di sciogliere i muscoli e la tensione ad essi connessa; respirare in modo corretto, permette di preservare le forze per poter spingere durante la fase espulsiva del parto e ad accogliere e gestire il dolore delle contrazioni.
Cantare può essere inoltre uno strumento “psicologico” ed “emozionale” per scaricare tensioni, paure e timori presenti nella donna. Tirare fuori la voce, può essere metafora del tirare fuori tutto ciò che può creare timore in questo momento di grande trasformazione. Cantando, la gestante diventa donna attiva e protagonista del proprio parto.
Il canto può creare una continuità tra il mondo intrauterino ed extrauterino, permettendo anche al neonato un passaggio più dolce e rassicurante.
Cantare è certamente il miglior modo che una mamma può utilizzare per dare il benvenuto al suo bambino.